Conflittualità tra madre biologica ed ex compagna: ciò non basta per negare alla seconda l’adozione del figlio della prima
Necessario valutare prioritariamente l’interesse della minore e, in questa ottica, è illogico valorizzare, in via esclusiva, la situazione di sofferenza e disagio che la minore naturalmente vive in conseguenza della situazione di conflittualità conseguita alla cessazione della relazione sentimentale e familiare che ha accompagnato la sua nascita e la sua crescita
Sofferenza e disagio per il minore correlati alla conflittualità tra la madre biologica e l’ex compagna, prima unite civilmente e poi in rotta, non bastano per negare alla seconda la possibilità di chiedere ed ottenere l’adozione.
Questo il punto fermo fissato dai giudici (sentenza numero 30786 del 24 novembre 2025 della Cassazione), i quali chiariscono che è necessario valutare prioritariamente l’interesse della minore e, in questa ottica, è illogico valorizzare, in via esclusiva, la situazione di sofferenza e disagio che la minore naturalmente vive in conseguenza della situazione di conflittualità conseguita alla cessazione della relazione sentimentale e familiare che ha accompagnato la sua nascita e la sua crescita.
Scenario della vicenda è la famiglia formata da due donne – Franca e Carla, nomi di fantasia –, legate sentimentalmente per tredici anni, anche grazie all’unione civile, e determinatesi a porre in essere un progetto genitoriale che, mediante fecondazione eterologa praticata all’estero, ha poi portato alla nascita di una bambina – Cinzia, nome di fantasia –. A quel punto, Franca ha fatto richiesta di adozione di Cinzia, con il consenso di Carla in quanto madre biologica della bambina.
Tutto in regola, quindi. I problemi sono sorti però quando Carla ha revocato il proprio originario consenso all’adozione, e ciò a seguito della rottura dei rapporti tra lei e la partner.
Di conseguenza, i giudici di merito hanno respinto l’istanza presentata da Franca. In particolare, i giudici d’Appello hanno osservato che, pur non essendo più ostativo all’accoglimento della domanda di adozione il dissenso del genitore esercente la responsabilità genitoriale, in questa vicenda deve ritenersi che la accesa conflittualità tra la madre biologica e l’ex partner ed il rifiuto della bambina ad avere rapporti col possibile genitore adottivo, in quanto condizioni non modificabili in tempi ragionevoli, inducono a ritenere contraria al preminente interesse della minore la richiesta adozione.
A fronte delle obiezioni sollevate da Franca, i magistrati di Cassazione ritengono censurabile la valutazione compiuta in Appello.
In premessa, viene ricordato che il ‘principio guida’ nella valutazione dei presupposti per disporre l’adozione in casi particolari deve essere il preminente interesse del minore. Tale interesse si identifica, nello specifico caso preso in esame, con la possibilità di continuare a mantenere un rapporto con entrambe le figure genitoriali che si sono occupate di svolgere la funzione di accudimento della bambina fin dalla sua nascita, in modo da preservare la relazione familiare instauratasi.
A completare il quadro, poi, altri due punti fermi: primo, è imprescindibile la necessità di assicurare tutela all’interesse del minore al riconoscimento giuridico del suo rapporto con chi ne abbia voluto la nascita in un Paese estero e lo abbia poi accudito esercitando di fatto la responsabilità genitoriale; secondo, l’interesse del minore reclama che siano garantite stabilità e certezza al rapporto di cura e affetto, in assenza di un legame di discendenza biologica ma in una cornice di vita familiare, superando un sistema di tutela parziale ed esposto alle sopravvenienze nei rapporti tra adulti.
Di conseguenza, ciò che il giudice deve valorizzare, secondo un criterio orientato alla ricerca del bene maggiore per il minore, è l’instaurazione ed il consolidamento, da parte del genitore che richiede l’adozione, della relazione affettiva e familiare a carattere filiale caratterizzato da cura, dedizione e continuità affettiva. Tutti fattori, questi, che risultano aver caratterizzato il legame tra Franca e Cinzia, prima dell’insorgere della conflittualità tra Franca e l’ex partner, madre biologica della bambina.
Ragionando in questa ottica, quindi, i giudici di Cassazione osservano che la lunga continuità e la stabilità della relazione tra Franca e la bambina, relazione a carattere filiale, è ampiamente emersa, sia durante il lungo periodo (cinque anni) di convivenza familiare tra le due componenti la coppia e la minore, sia nella fase iniziale di separazione (due anni) anch’essa caratterizzata dalla prosecuzione della relazione tra la bambina e Franca, ancorché fuori della convivenza.
Ampliando il ragionamento, poi, i giudici osservano che la domanda di adozione in casi particolari è rivolta a dare una qualificazione giuridica alla relazione consolidatasi e ad accrescere lo statuto di tutela del minore derivante dalla formazione e stabilizzazione nella continuità della relazione, della scelta della bigenitorialità. La valutazione del preminente interesse del minore non può certo escludere dalla ponderazione degli elementi da considerare la preesistenza di una relazione familiare ed affettiva con le caratteristiche di quella intercorsa tra Franca e la bambina, soprattutto tenendo presente che ci si trova di fronte ad una relazione non cancellabile perché iscritta nella costruzione dell’identità della minore e di Franca, non solo per la genesi condivisa all’interno di una comunione di vita ma per il suo sviluppo all’interno di un nucleo familiare bigenitoriale. Di conseguenza, la cessazione del rapporto e la conflittualità anche accesa tra le parti adulte non elimina la relazione con la minore da parte di Franca, la quale ha condiviso la nascita e lo sviluppo della personalità della minore, senza arrecarle pregiudizio, per quel che emerso univocamente dalle acquisizioni processuali. Né può essere ignorato, nella delicata operazione di bilanciamento da porre a base della valutazione del preminente interesse della minore, che la condizione di ostilità e rifiuto della minore verso Franca sia stata determinata dal condizionamento della madre biologica.
Per i magistrati di Cassazione, poi, bisogna tenere presente che la situazione di conflittualità accertata nella vicenda in esame può, in conclusione, rilevare soltanto in funzione della conformazione dell’affidamento, della collocazione e del diritto di visita ma non incidere sulla costituzione di una forma di genitorialità adottiva che determina nel minore una condizione giuridica equiparabile agli status filiali.
In conclusione, fermo restando che non si può più considerare preclusivo all’accoglimento della domanda d’adozione in casi particolari il mancato assenso del genitore biologico, è necessario considerarlo in una dimensione funzionale, anche perché la valorizzazione esclusiva del dissenso del genitore biologico rischia non di vanificare l’acquisto di un legame ulteriore rispetto a quello che il minore ha con la famiglia di origine, ma proprio di sacrificare uno dei rapporti sorti all’interno della famiglia in cui il bambino è cresciuto, privandolo di un apporto che potrebbe invece essere fondamentale per la sua crescita e il suo sviluppo.
Perciò il genitore biologico può negare l’assenso all’adozione da parte del partner solo nell’ipotesi in cui quest’ultimo non abbia intrattenuto alcun rapporto di affetto e di cura nei confronti del minore, oppure abbia partecipato solo al progetto di procreazione ma abbia poi abbandonato il partner e il minore. Ne consegue che il rifiuto espresso dal genitore biologico può trovare accoglimento solo ove risponda al concreto interesse del minore, interesse che non può essere individuato nell’allontanare il minore dalla situazione di conflitto e triangolazione insorta tra i genitori in rotta ma nel separarlo da una figura con la quale il minore non ha sviluppato alcun legame relazionale meritevole di tutela attraverso l’istituto dell’adozione.
Applicando questa visione, quindi, l’indagine del giudice non deve limitarsi alla conflittualità esistente tra la madre intenzionale e la genitrice biologica, ma deve avere ad oggetto principale l’esame del rapporto e la sua effettiva incidenza sullo sviluppo, in chiave prognostica e non meramente contingente, della personalità del minore e sul suo benessere psico-fisico, potendo escludere la costituzione della genitorialità adottiva solo ove si accerti un radicale pregiudizio per il minore derivante dalla prosecuzione della relazione, pregiudizio fondato sull’accertamento di concrete e gravi condotte della persona richiedente l’adozione.